Industria della contraffazione senza pudore: nel tempio del food mondiale, la fiera tedesca Anuga che si è chiusa ieri a Colonia, le autorità giudiziarie sono intervenute per sequestrare a produttori americani e australiani formaggi italiani protetti da Dop. Ma in realtà questa edizione di Anuga (con 1.100 imprese italiane su 6.700 totali) ha visto cadere ogni remora da parte delle aziende pirata che hanno fatto ampio ricorso a nomi di prodotti italiani, che li evocavano o semplicemente con largo ricorso a bandiere tricolori: persino imprese dell’Unione europea, tedesche e olandesi, offrivano formaggi italiani notissimi e protetti da Dop ma anche prelibatezze industriali, non protette, con nomi allusivi (è il fenomeno dell’Italian sounding) e che richiamano al Belpaese.
In bella vista negli stand c’era la “mozzarella shredded cheese” marchio registrato dell’australiana Vvrs; la pizza “Italissimo” brand della tedesca Hasa nella versione diavola, margherita e (persino) hawaii (con pezzi di ananas); il Parmesan cheese, il Pecorino romano, il Romano cheese e l’Asiago dell’americana Milano’s (clonato anche il nome Milano’s).
“Abbiamo accolto l’appello dei produttori italiani – osserva il sottosegretario alle Politiche agricole Giuseppe Castiglione – Ad Anuga è stato facile individuare la presenza di stand e prodotti con la bandiera italiana che con il nostro Paese non hanno nulla a che fare. Ancora più inaccettabile che ciò avvenga anche da parte di operatori appartenenti a membri dell’Unione europea, le cui regole sull’informazione ingannevole al consumatore dovrebbero essere uguali per tutti e offrire il medesimo livello di tutela sul territorio comunitario”.
“Le nostre aziende erano furibonde – sbotta Luigi Scordamaglia, consigliere dell’Ice e vice presidente di Federalimentare – I due sequestri di Anuga hanno riguardato prodotti Dop e Igp, già sufficientemente tutelati dalla norme europee. La stragrande maggioranza dei prodotti industriali però non è protetta e perseguire la contraffazione con l’Italian sounding è molto più complicato. Servono azioni forti“.
E Castiglione le individua subito nella direttiva europea sull’informazione ingannevole. “Mipaaf e Ice – spiega il sottosegretario – stanno per attivarsi presso un tribunale europeo per chiedere il rispetto della direttiva. La lotta contro questi fenomeni imitativi è una priorità della politica agricola nazionale e mobiliteremo tutti i soggetti istituzionali a tutela dell’agroalimentare italiano e dei consumatori europei: di questi viene tradita la buona fede sulla falsa origine italiana dei prodotti“.
La consapevolezza delle nostre istituzioni è innegabile che sia cresciuta nel tempo (anche per le campagne condotte da Coldiretti): tanto che la strategia di contrasto all’Italian sounding è già l’oggetto del tavolo interministeriale tra Mipaaf, Esteri, dogane, Ice e Federalimentare. Scordamaglia rimarca il “doppiopesismo” europeo: mentre in Italia non di rado le autorità di controllo contestino la bandiera italiana nei loghi delle nostre aziende, negli altri paesi Ue viene invece consentito ogni evocazione di italianità ad aziende tedesche o olandesi che non hanno nel nostro Paese nessuna fase del processo produttivo.
“Ci siamo attivati – conclude Scordamaglia – chiedendo a Mipaaf e Ice di patrocinare un paio di cause campione nei Paesi Ue, a cominciare dalla Germania, contro chi utilizza illegittimamente marchi che richiamino l’origine italiana configurando pubblicità ingannevole al consumatore”.
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