Dieta e Alzheimer: i cibi che frenano la malattia

C’è un filo sottile che lega l’alimentazione alle funzioni cognitive.

Dieta e Alzheimer
C’è un filo sottile che lega l’alimentazione alle funzioni cognitive. Giorno dopo giorno, infatti, gli alimenti che riempiono le nostre tavole contribuiscono a sostenere le cellule del nostro cervello e possono essere responsabili di alterazioni che ne compromettono il corretto funzionamento, talvolta in modo irreversibile. “Le alterazioni dovute alla dieta cominciano a danneggiare il cervello 10-20 anni prima che la patologia si manifesti” chiarisce Lorena Perrone, ricercatrice italiana impegnata all’Università di Poitiers, che ha ottenuto un finanziamento europeo nell’ambito delle azioni Marie Curie per indagare il legame tra alimentazione e malattia di Alzheimer.
Dottoressa, sul Journal of Alzheimer’s Disease ha appena pubblicato uno studio che ben evidenzia il rapporto tra alimentazione e malattia di Alzheimer. Cosa è emerso dalla sua ricerca? Si tratta del primo studio effettuato su larga scala che dimostra che gli AGEs (Advanced Glication End products ndr) rappresentano un importante fattore di rischio per la malattia di Alzheimer. Gli AGEs sono prodotti di una glicosilazione aberrante di proteine che si formano nel nostro organismo durante il processo di invecchiamento e che sono ulteriormente introdotti attraverso la dieta. Queste sostanze sono in grado di accrescere il rischio di Alzheimer producendo alterazioni a tutti i livelli: infiammazioni, danni vascolari, danni neuronali e stress ossidativo. Quali alimenti sono particolarmente ricchi di queste sostanze?
Carne e formaggi stagionati sono particolarmente ricchi di AGEs. Nella nostra ricerca abbiamo dimostrato che un’alimentazione ad elevato contenuto di carne e basso contenuto di cereali e verdure contribuisce a un alto contenuto di queste sostanze nell’organismo, indipendentemente dal modo in cui i cibi vengono cotti. La classica dieta mediterranea e la classica dieta giapponese, invece, comportano un basso accumulo di AGEs nel corpo, per via del ridotto contenuto di carne e della ricchezza in cereali e verdure di questi regimi alimentari.

Quali implicazioni potrebbe avere questo filone di ricerca nella lotta all’Alzheimer? Ad oggi non esiste una diagnosi precoce dell’Alzheimer né è possibile mettere a punto una terapia preventiva, per questo è importante identificare dei biomarkers utili a diagnosticare la malattia prima che questa si manifesti. In questo lavoro abbiamo dimostrato che gli AGEs possono rappresentare un biomarker “precoce” e un target terapeutico per la prevenzione dell’Alzheimer. Per questo abbiamo dato vita a un network europeo diretto da Alain Buisson del Grenoble Institut des Neurosciences – che coinvolge due gruppi di ricerca italiani, due francesi e uno tedesco – che sta sviluppando ulteriormente le ricerche in questa direzione, con lo scopo di definire una diagnosi precoce e una terapia preventiva della malattia. Recenti studi scientifici hanno evidenziato l’importanza del metabolismo del rame nello sviluppo della malattia Alzheimer. In questo caso qual è il ruolo dell’alimentazione?

I miei risultati su questo tema arrivano da una ricerca effettuata in collaborazione con Peter Faller dell’Università di Tolosa. Nello studio abbiamo evidenziato che le alterazioni del metabolismo del rame possono portare alla formazione di placche amiloidi, che sono una manifestazione della malattia di Alzheimer. I dati emersi da altre ricerche scientifiche suggeriscono, inoltre, che una dieta ricca di vitamina E e B12 può essere d’aiuto nel migliorare il metabolismo del rame e quindi ridurre il rischio di Alzheimer. In sostanza quali sono gli alimenti che non dovrebbero mai mancare sulle nostre tavole se vogliamo mantenere un cervello sempre giovane? Molta verdura, frutta, pesce: sono questi gli alimenti che dovrebbero costituire la base della nostra dieta, secondo i principi base della dieta mediterranea classica. Dall’altro lato, è importante ridurre il consumo di carne, formaggi e, soprattutto, evitare i cibi precotti, dato che gli AGEs sono comunemente introdotti in questi alimenti come additivi.

Fonte La Stampa a cura di Stefano Massarelli

 

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