Food e Corte di Francia. La curiosità di conoscere cerimoniali e protocolli della Corte di Francia è forte. Quali pietanze gradiva il Re e come viveva nella corte? La giornata si apre con una tisana. La colazione, primo vero pasto, viene servita alla fine della messa, impegno ufficiale quotidiano. La cena è un pasto leggero della fine del pomeriggio, dopo i vespri. La regina Anna d’Austria lancia la moda di un pasto robusto che avviene dopo la mezzanotte, chiamato appunto medianoche a corte e cenone in città.
Le padrone di casa annettono una grande importanza alla bellezza delle stoviglie, in argento o in maiolica, alla trasparenza dei bicchieri, in vetro di Venezia, alla finezza della biancheria da tavola. I tovaglioli sono piegati in cento modi diversi, a forma di coniglio, di cane con collare, di chioccia con pulcini.
Il re e la regina usano vasellame d’oro e d’argento: la posateria dell’uno e dell’altra è racchiusa in due cofanetti; la forchetta, conosciuta già da qualche secolo, non viene usata da Luigi XIV che alla fine di ogni portata si pulisce le dita in una salvietta umida. La supremazia dell’arte orafa francese, anche per quanto riguarda suppellettili come, saliere, coppe e posate, fu imposta all’Europa da Claude Ballin e Nicolas Delaunay.
Al piccolo coperto, la regina mangia sola nella sua camera. Il grande coperto è il pranzo pubblico della coppia reale: il re e la regina, a tavola con le spalle al camino, sono circondati a debita distanza da alcune dame le quali, avendo il privilegio di poter stare sedute in loro presenza, massimo segno di distinzione che possa loro essere offerto, sono soprannominate “sgabelli”. Dietro di loro, in gran numero stanno in piedi le altre dame, poi i signori e infine la folla dei curiosi.
Tutto, cibi e vini, deve essere assaggiato prima di essere presentato al sovrano, i cui piatti sono lustrati ben bene con pezzi di pane.
Quattro sono le portate: zuppe, arrosti, pasticceria e frutta.
Le zuppe sono piatti di carne o pesce bolliti, accompagnati da legumi: anatre al sugo di navone, ostriche alle erbe con fettine di cetrioli.
Gli arrosti sono carni o pesci con insalate ornate di fiori e molto aromatizzate, al basilico o alla violetta.
Le varietà comprendono omelette, legumi, pasticci di carne o di pesce, salsicce bianche (una novità).
Chiudono il pasto marzapani, millefiori, amaretti, creme al pistacchio e infine la frutta del giardino del re (più di trecento varietà): albicocche, pesche, uva, fichi, pere; quindi, come tocco finale, marmellate e frutta caramellata.
Il servizio di tavola di tutta la famiglia reale è la copia esatta di quello del re; il fratello di Luigi XIV, Filippo d’Orleans, mangia molto, la sua seconda moglie, Elisabetta Carlotta di Baviera, ancora di più, ma non apprezza le raffinatezze della cucina francese e sogna zuppe alla birra di Heildelberg e le minestre della sua infanzia.
Il cibo e gli intingoli sono molto grassi: si fa grande uso di lardo, con inevitabili conseguenze sul colesterolo, del quale, però, nessuno ha mai sentito parlare. Le dame van matte per i piselli, legume molto alla moda; prima di coricarsi, dopo la cena, ne mangiano ancora.
Frutta e legumi sconosciuti fanno la loro prima apparizione in Francia: la scorzonera, proveniente dalla Spagna, le arance dal Portogallo, gli spinaci dall’Arabia, le melanzane dalle Indie, i fagioli dall’America. A tavola fa la sua comparsa il tacchino (importato dall’America).
Nel 1687 viene pubblicato un opuscolo a Parigi, intitolato “Le bon usage du thè, du cafè et du chocolat” e infatti le bevande esotiche fanno furore: Anna d’Austria e la regina Maria Teresa fanno conoscere ai francesi la cioccolata, aromatizzata con cannella e vaniglia; il tè, proveniente dalla Cina, si vede attribuire mille e una virtù; il caffè diventa presto popolare: “fa dimagrire le persone grasse, e ingrassare quelle grosse”: era stato scoperto dai viennesi quando i turchi, dopo il fallito assalto alla città, avevano lasciato sul terreno interi magazzini di zucchero, olio, farina e, appunto, caffè. J. F. Revel, giornalista e gastronomo di altissimo livello, raccomanda l’uso del caffè a tutti coloro che “avessero la sventura di trovarsi colpiti dalla più universale delle malattie galanti”. In parole povere un rimedio contro la “sifilide”.
Con il cioccolato arrivano anche i gelati e i sorbetti, che non mancano mai nei pranzi di gala. A Parigi, verso il 1660, il fiorentino Procopio fa fortuna vendendo i primi gelati e, nel 1668, crea il primo caffè letterario ed elegante.
Verso la fine del XVII secolo un ecclesiastico lega il suo nome ad una autentica rivoluzione. Si chiama Dom Pérignon, e non passerà alla storia per la sua vocazione religiosa. Il monaco è cantiniere nell’abbazia di Hautvillers e dopo aver notato che il vino di Champagne presenta una fermentazione secondaria, giudicata un difetto, decide di favorire questa fermentazione: adotta il tappo di sughero e, di fatto, inventa lo spumante.
Si può ben dire che la cucina francese è diventata un’arte proprio nel XVII secolo.