Una volta tanto e mi sa che da oggi lo faremo spesso, vogliamo dare spazio al grande popolo dei lettori che alla fine di un articolo pubblicato in rete, ci offre il suo commento. Tra questi, a volte, si trovano commenti molto più intelligenti dello stesso articolo che li ha scatenati. Ecco, FOOD Magazine ha deciso di pubblicare il pensiero dei lettori che alla fine sono i diretti beneficiari della nostra iniziativa editoriale.
Sentite un po cosa ha pubblicato Fabrizio Scarpato a comemnto di un articolo dal titolo “Chi salverà l’economia? Slow Food… naturalmente!”
” Chi se la sentirebbe di dire alla propria nonna che noi, oggi, spendiamo di più per dimagrire che per mangiare?”.
Non solo si produce più cibo di quanto i paesi evoluti abbiano bisogno, non solo ogni giorno tonnellate di cibo vengono buttate nella spazzatura, ma nonostante questo, mangiamo ancora troppo e male, tanto da esser costretti a spendere denaro, tanto denaro, in medicine, palestre, diete, fitness per porre rimedio agli eccessi. E’ una specie di gatto che si morde la coda.
Temo, però, che questa sia una visione occidentalizzata del problema fame, una visione da questa parte della barricata: credo che avversare le coltivazioni ogm in questo senso possa esser un errore. Può esser giusta una visione slow dell’economia dei paesi industrializzati, ma la fame non è lenta.
Carlin Petrini rischia molto in questa sua proposta economica: va sostenuto, va appoggiato lo sforzo per sostenere le biodiversità come identità culturale, anche se, a mio parere, cade spesso in posizioni retoriche, lontane, che catturano consenso, ma che poco hanno a che spartire con la società contemporanea.
Petrini, per esempio, attacca e colpevolizza la Grande Distribuzione sinonimo di spreco e accaparramento di denaro, portando un altro esempio, un altro aneddoto, quello della vecchia e simpatica signora langarola, cuoca e propritaria di una trattoria, che resta aperta solo a pranzo, nonostante potrebbe tranquillamente esser piena anche la sera: a domanda sul perchè di questa scelta, la signora risponde, più o meno, ” embè? e poi cosa me ne faccio dei soldi quando sono al camposanto?”
Ecco, non potrebbe esistere una via di mezzo? Non si rischia una visione eccessivamente bucolica? Irrealizzabile?