Nella lotta alla mafia è l’aratro che traccia e difende il solco: 440 ettari di terre in Sicilia e Calabria, confiscate ai boss grazie alla legge 109/1996. Il prodotto-simbolo dell’associazione Libera -che ha promosso 5 cooperative agricole e di trasformazione- è la pasta fatta con il suo grano: “Un tramite fortissimo per far conoscere il nostro nome e il nostro lavoro -spiega Gianluca Faraone della cooperativa Placido Rizzotto-: i maccheroni sono diventati l’emblema dell’impegno sulle terre confiscate”. E senza bisogno di ponti sullo Stretto, è passato in Calabria il buon contagio della cooperazione e della resistenza ai poteri forti.
“Il nostro obiettivo è generare ‘bellezza sociale’ -dice Teresa Pirritano del consorzio di cooperative Goel-. L’agricoltura ha un ruolo fondamentale nello sviluppo del Sud, perché è tradizione e originalità, va superato il pregiudizio che la collega alla povertà”. Il vino e i piccoli frutti della coop Valle del Bonamico, a San Luca in piena Locride, sono il simbolo di questa speranza, che resiste alle intimidazioni e agli attentati. Una sfida forte: “Il bene non è quasi mai professionale -commenta Teresa- la criminalità sì”.
E dal Sud riparte un’altra agricoltura sociale:, quella che mette le mani nelle zolle della politica per difendere i “piccoli” e la cosiddetta agricoltura contadina: Foro contadino-Altragricoltura, movimento che si batte per i “diritti della terra”, l’accesso alla terra, ai semi, all’acqua e ai mezzi produttivi, organizza anche nel 2006 la “Marciasud per Altragricoltura, Beni comuni e Sovranità alimentare”, una carovana che percorrerà il Meridione, dalla Sicilia alla Puglia. Gli obiettivi? La richiesta conclusiva della marcia 2005 è eloquente: no all’agricoltura come pura competizione di mercato, garanzia che i contadini partecipino alla scelta del modello di produzione, distribuzione e consumo del cibo per il proprio territorio.