Decine di missioni, wine tasting con sommelier, operatori, ristoratori e wine lover cinesi e ancora incontri one to one con buyer sia dell’horeca che della gdo cinese . Centinaia di migliaia di euro spesi negli ultimi dieci anni ma i risultati non sono all’altezza delle aspettative.
Avendo avuto l’opportunità di svolgere attività di promo-formazione agli operatori cinesi mi preme evidenziare due tipi di problematiche che sono stati troppo sottovalutati nella programmazione delle azioni commerciali istituzionali. Da un lato le lacune nella preparazione delle aziende ai processi di internazionalizzazione: una scarsa conoscenza dei mercati internazionali (a parte poche eccezioni), la difficoltà di conoscenza degli aspetti burocratici (documentazione idonea per l’export) ed un materiale informativo carente per quanto riguarda l’azienda, i vini e il territorio. Tre lacune molto gravi che da sole limitano il successo di qualsiasi missione commerciale si vada ad intraprendere.
D’altro lato abbiamo una totale assenza di conoscenze riguardanti il territorio italiano da parte cinese. Se a stento un cinese di cultura media sa individuare l’Italia su un mappamondo, come pretendiamo che possa sapere cos’é la Sicilia ? Solo i soliti noti brand di territorio (Toscana e Piemonte) o di tipologia di vino (Chianti e Barolo) trovano a malapena spazio in un piccolo cassetto della memoria dei nostri cinesi high level, ma anche lì talvolta senza neppur saper indicare se si tratta di bianchi o rossi, se Sangiovese é un brand aziendale o il nome di un vitigno, sempre quando sia chiaro il concetto di vitigno…figuriamoci la differenza tra autoctono e internazionale o, ancora, il concetto di terroir.
Come far capire i vini etnei ed il loro pregio dato da un terroir unico? Come far capire l’unicità del profumo di un passito di Pantelleria? Intendiamo dire di caratteristiche che non danno solo senso poetico al nostro vino siciliano, ma che che danno soprattutto senso al costo di una bottiglia rispetto a un’altra. Perché un passito di Pantelleria ha un determinato prezzo si puo’ comprenderlo solo quando si é rapiti dall’immagine delle terrazze in pietra lavica, delle vigne basse vendemmiate in agosto con un caldo incredibile.
La risposta quindi per ora é solo una : meno workshop, meno missioni nei grandi alberghi per pochi eletti e più formazione; formazione alle nostre aziende, preparatoria alle azioni di internazionalizzazione, e formazione ai nostri potenziali clienti cinesi.
Auspico, inoltre e soprattutto, un percorso di training a coloro che diventeranno gli ambasciatori del nostro vino, dai sommelier ai camerieri, dagli chef ai commessi del reparto vino della grande distribuzione.
E’ chiaro che la produzione francese, avendo iniziato molto prima il lavoro di promozione e avendo dalla sua la gestione delle più grandi catene di distribuzione internazionale, presenti anche in Cina, ha una marcia in più; ma certamente non sarà con cene di gala al Meridien di Shanghai che riprenderemo punti e ci avvicineremo alle bottiglie di Bordeaux o Bourgogne sugli scaffali del Carrefour di Pechino.
Dovremo essere capaci di mostrare come il nostro vino siciliano (dalle bollicine al passito, dall’Etna all’Alcamo) é talmente differenziato che può soddisfare tutti i palati, anche quelli non abituati al consumo di vino, e soprattutto sarà capace di essere abbinato a qualsiasi piatto della cucina cinese. Finché il consumo sarà associato a piatti della nostra tradizione gastronomica sarà limitato a eventi o ristoranti, mentre il mercato cinese dei grandi numeri si conquista facendo entrare il vino nell’uso quotidiano.
Ovviamente la formazione deve essere affiancata da un adeguato corredo di comunicazione e da azioni di incoming per gli operatori cinesi che sono risultati più autorevoli ed interessati all’importazione di vini siciliani in Cina. Le foto sono belle, i filmati pure, ma lo scioccare letteralmente con un’immersione nella vitivinicoltura siciliana é imprescindibile, a patto che chi dovrà venderla ne sappia parlare non come di un mero prodotto in un catalogo, una componente meccanica, ma di un sogno, il sogno del sicilianlifestyle che puo’ dare ai consumatori neofiti voglia di bere siciliano.
Le azioni di internazionalizzazione risultano tanto più efficaci quanto più si riesce a realizzarle per almeno un triennio, facendo poi seguire attività di incoming nel territorio siciliano. La chiusura dei contratti, infatti, avviene dopo almeno due o tre contatti (in Italia e all’estero) con lo stesso importatore.
La Cina non é un mercato per azioni spot: la realizzazione di un centro permanente di formazione sulla cultura dei vini siciliani per operatori cinesi (buyer, distributori, importatori, sommelier, ristoratori, studenti scuole alberghiere, wine lovers) : questo é il futuro, questo é il modo per conquistare il famoso mercato dei nostri sogni.
Di Emanuela Panke