di Greta Nicoletti – Lo Strachitunt, il formaggio a due paste tipico della Valtaleggio, piace e la sua produzione cresce. In più è in corsa per il riconoscimento della Denominazione d’origine protetta (Dop). Una corsa che è iniziata sette anni fa e che tutt’oggi ha ancora molta strada da percorrere, ma che certamente porta con sé il desiderio di rivendicare l’orgoglio di un territorio e della sua gente. Una corsa che ha messo in luce alcune ombre su cui i fautori di questo progetto stanno facendo chiarezza. A fare il punto della situazione ma soprattutto a farci scoprire quali sono i segreti di questo formaggio antico e dei suoi produttori di montagna è Alvaro Ravasio (nella foto), presidente del Consorzio Strachitunt e dell’Ecomuseo Valtaleggio che ci ha subito fatto notare l’aumento della produzione dello Strachitunt. «A fine 2010 arriveremo a 5mila forme prodotte, per un totale di circa 30mila chili di formaggio. Le potenzialità di produzione sono almeno dieci volte tanto, ma per ora ci limitiamo a produrre quello che riusciamo a vendere».
«I soci del Consorzio Strachitunt – ci dice Ravasio – sono dieci, tra produttori di latte, trasformatori e affinatori. La produzione attuale avviene in due caseifici: l’Azienda agricola Locatelli Guglielmo e la Cooperativa agricola Sant’Antonio. Poi ci sono 5 aziende che fanno latte che viene conferito alla Cooperativa e ci sono 3 aziende stagionatrici. Nel consiglio di amministrazione ci sono rappresentanti del settore della ristorazione e della vendita al dettaglio della zone di produzione».
Lo Strachitunt ha l’anima della montagna. Ma come si collocano quei produttori che non hanno malghe, come possono produrlo?
Oggi lo Strachitunt viene prodotto essenzialmente dalla Cooperativa agricola Sant’Antonio con il proprio personale e dal casaro Guglielmo Locatelli nel suo piccolo caseificio. Poi ci sono altre piccole aziende agricole che producono latte, al di fuori del Consorzio. Non c’è per tradizione un luogo specifico per produrre lo Strachitunt, o meglio è sempre stato realizzato nei locali adiacenti alla stalla. Basta un angolo, una piccola stanza vicino alla stalla dove dare vita a questa specialità. Per quanto riguarda, invece, la produzione in pianura di un formaggio similare denominato Strachìtunt credo sia di circa 10mila forme all’anno (il doppio di quanto fatto in montagna). Quindi che qualità deve avere il prodotto originale fatto in montagna?
I punti di unicità di questo formaggio sono tanti e diversi, è impossibile non innamorarsene. Punterei prima sulla collocazione. Sì, perché fare stracchino a Pizzino o a Vedeseta, piuttosto che a Peghera vuol dire ottenere prodotti diversi influenzati dall’esposizione al sole, dalla predisposizione del terreno, dalle erbe e dall’aria stessa. Questo formaggio, infatti, è una vera “spugna” del territorio e anche gli animali ne sono condizionati. Poi conta molto anche la razza delle mucche che producono il latte (in questo caso la mucca bruna). La tipologia di produzione dello Strachitunt è unica al mondo, di formaggi a due paste se ne contano sulle dita di una mano. E poi è importante anche la stagionatura: stagionare in montagna è diverso che stagionare in pianura, lo sbalzo termico, l’acqua, le celle di stagionatura… Tutto nello Strachitunt respira di montagna ed è così che deve essere, perché questa è la sua storia.
Come descriverebbe questi 7 anni di iter verso la Dop? Cosa hanno significato?
Io direi che, non tanto per me che ho un impegno professionale come stagionatore e venditore del formaggio, ma in generale gli aspetti forti di questo percorso, al di là che ci porti o no alla Dop (cosa che credo fermamente si realizzerà) sono i seguenti: innanzitutto c’è l’autoconvinzione da parte dei contadini di avere un futuro, uno sviluppo che parte dal territorio e arriva al consumatore finale. Infatti, quella che prima sembrava un’attività secondaria oggi è invece vista come orgoglio. L’altro aspetto riguarda il fatto di rendersi conto di aver tra le mani un formaggio eccezionale per tipologia e lavorazione, un prodotto unico che coinvolge tutto il territorio. Altra cosa fondamentale è il coinvolgimento complessivo della zona: la maggior parte della gente, anche gli scettici, ora inizia a credere che ciò che possiedono è un valore aggiunto. Grazie a questo progetto la gente di montagna finalmente inizia ad agire sul proprio territorio e con le proprie risorse. Finalmente circolano delle proposte, delle iniziative, che ci allontano dalla sensazione di subire pressioni da parte di altri (dai piani di urbanizzazione fino alle forme di turismo invasivo).
A che punto è l’iter per la Dop dopo l’audizione del 29 ottobre? Che aspettative ci sono?
Con l’audizione dello scorso 29 ottobre a Vedeseta (Bg), dopo l’istruttoria nazionale e alla luce del parere favorevole della Regione Lombardia, è stata redatta una proposta di disciplinare di produzione della denominazione ed è stata letta. In quell’occasione sono state richieste due modifiche, riferite all’allargamento del territorio. A proporlo sono state la Comunità montana della Valsassina e tre aziende che producono in pianura. A questo punto ci vorrà un mese prima che la Regione dia una risposta a queste richieste: quindi se riterrà che queste aziende hanno diritto all’allargamento della zona di produzione occorrerà fare un passo indietro e redigere una nuova proposta. Ma non credo, sinceramente, che ciò si verificherà perché le aziende in questione non hanno i requisiti di storicità e continuità di produzione per ottenere ciò che chiedono (la proposta prevede che negli ultimi 25 anni un’azienda abbia realizzato Strachitunt con continuità).
Quindi per fine anno dovrebbe avvenire la pubblicazione del disciplinare in Gazzetta ufficiale che prevedrà ancora un altro mese di attesa. Dai due ai sei mesi dovremmo ottenere la Dop transitoria, poi un’attesa di altri tre mesi per la Dop nazionale e l’attesa di un anno per la Dop definitiva. Un percorso lungo che credo si concluderà a buon fine e che quindi impedirà ad altri di fare formaggio che porti impropriamente il nome di Strachitunt, come peraltro accade già da molto tempo. Infatti, alcuni produttori, soprattutto di pianura, che da anni “spacciano” il loro formaggio per Strachitunt, a mio avviso, hanno fatto un’operazione di marketing non molto intelligente. Sono degli ottimi produttori di formaggio, per carità, ma hanno recato comunque danno al nostro territorio. Già anni fa noi produttori della valle avevamo registrato un marchio di tutela ma senza sollevare un polverone. Ci eravamo limitati ad avvisare quei produttori “furbetti” dicendo di interrompere la produzione, ma molti non l’hanno fatto e ora pagano le conseguenze. Noi, per onestà intellettuale, non abbiamo fatto ricorsi. E questa onestà ora è messa sul piatto, siamo convinti del fatto che hanno sbagliato.
L’arte dello Strachitunt ha una storia antica e quindi non è corretto appropriarsi della storia degli altri… Bastava chiamare il loro formaggio in un altro modo per avere rispetto della nostra storia e del nostro territorio.
Che conseguenze porterà?
Indirettamente il conseguimento della Dop penalizzerà coloro che producono un formaggio che di fatto non è Strachitunt. Ma ai produttori di montagna originali, al territorio e ai consumatori può portare solo bene.
Che riscontro ha avuto il formaggio al Salone del gusto?
Al Salone del Gusto lo Strachitunt era presente allo stand dell’Ecomuseo della Valtaleggio e i visitatori hanno assistito ad alcune performance teatralizzate e sono stati coinvolti in tre corsi accelerati per apprendere l’arte dei bergamini. È anche stato distribuito un volumetto fresco di stampa su “Val Taleggio e il suo Ecomuseo”. Fiore all’occhiello è stata la consegna dei riconoscimenti alla carriera ai casari Abramo Milesi, 81 anni, e Guglielmo Locatelli, 79 anni.
In numerose località bergamasche della Valtaleggio si produce un formaggio molto antico e particolare, dalle caratteristiche uniche. Lo Strachitunt (detto anche Strachì Tunt, Strachitund o Stracchino rotondo) è un formaggio a base di latte intero crudo di vacca, a due paste, a stagionatura medio lunga (almeno 75 giorni), che può presentare erborinatura nella pasta. La maturazione del prodotto è inizialmente centripeta e avviene grazie all’intervento della microflora di superficie. Successivamente, dopo i primi 30 giorni, è favorita dalla foratura che permette lo sviluppo all’interno della pasta della microflora presente nell’ambiente. Presenta le seguenti caratteristiche: forma cilindrica con facce piane e scalzo dritto o leggermente tondo; peso variabile da 4 a 6 kg; crosta rugosa e sottile, di media consistenza; pasta compatta, marmorizzata, più morbida nel sottocrosta e di colore bianco paglierino. È un formaggio dal gusto inconfondibile e aromatico, è forte e austero come la gente di montagna, non si perde in fronzoli: ciò che conta è la sostanza e la chiarezza.